Dove va il mondo?

L'intervento finale al Convegno di Missione Oggi del 14 maggio 2024 che aveva come scopo quello di riflettere sulla situazione geopolitica della pace, delle fedi, e della salute, con particolare attenzione alla necessità di riformare le Nazioni Unite per favorire una maggiore stabilità e pace nel mondo - con REGISTRAZIONE DELL'EVENTO

Dove va il mondo?

Convegno Missione oggi

11 maggio 2024

Dove va il mondo?
E noi cosa possiamo fare, in ogni luogo dove viviamo?

Le diverse relazioni della giornata hanno rilevato con drammaticità i tempi bui che stiamo vivendo e l’aggravamento delle condizioni di insicurezza, ingiustizia, violenza che stiamo vivendo, in ogni parte del mondo con le guerre diffuse, con i civili come bersagli e prime vittime, che sono sempre crimini contro l’umanità .

Non possiamo però cedere alla tentazione della rassegnazione, della disperazione, lo dobbiamo in particolare alle nuove generazioni, che dobbiamo ascoltare con sempre maggiore attenzione e rispetto.

Ho provato a sintetizzare alcuni elementi emersi oggi che ci possono aiutare a resistere in questo periodo grave, con pazienza, coraggio e perseveranza.

  • Ritornare alla politica…

Come Casa della pace di Parma, siamo chiamati a molti incontri nelle scuole, in particolare dalla rete delle scuole per la pace. Nella scuola Giacomo Ulivi, partigiano ucciso a 19 anni il 10 novembre 1944, ho letto parti di una sua lettera,  ai suoi amici, che non ha mai potuto spedire.

“Dobbiamo abituarci a vedere in noi la parte di responsabilità dei nostri mali… Dobbiamo rifare noi stessi, è la premessa per tutto il resto…Il desiderio invincibile di “quiete”, anche se laboriosa, è il segno dell’errore, perché è il tentativo di allontanarsi da ogni manifestazione politica. E’ il tremendo, più terribile credetemi, risultato di un’opera di diseducazione che è riuscita a inchiodare in molti di noi il pregiudizio della ‘sporcizia’ della politica…

E’ stata intaccata la posizione morale, la mentalità di molti di noi. Credetemi la cosa pubblica è noi stessi, la nostra famiglia, il nostro lavoro, il nostro mondo, insomma ogni sciagura è sciagura nostra, come ora soffriamo per l’estrema miseria in cui siamo caduti. Se lo avessimo tenuto presente come sarebbe accaduto questo?... Se ragioniamo bene il nostro interesse e quello della cosa pubblica coincidono, per questo dobbiamo curarla, personalmente, come il lavoro più delicato…

No, non dite di essere scoraggiati, di non volerne più sapere. Pensate che tutto questo è successo proprio perché non avete voluto sapere della politica!...

Preparatevi a convincere gli altri, mai a sopraffare, ma nemmeno mai a rinunciare. Oggi bisogna combattere contro l’oppressore, è il primo dovere di noi tutti. Bisogna prepararsi a risolvere i problemi in modo duraturo e che eviti il risorgere di essi e il ripetersi di quanto si è abbattuto si di noi.”

Messaggio che ha molto colpito per la sua attualità e che ha ben chiarito la distinzione tra lo stare in pace e il lottare per costruire la pace. E’ anche straordinario come ancora, sempre, la nostra Costituzione, nata dal sacrificio di tanti giovani come Giacomo Ulivi, continui a sorprendere e appassioni, indichi concrete vie di impegno in ogni ambito della vita sociale, della “cosa pubblica”.

  • … con uno spirito costituente

Valorizzando le differenze presenti per trovare nel confronto e nel dialogo una sintesi in cui ritrovarsi tutti.

Essendo stato tra i primi obiettori di coscienza, all’inizio degli anni ’70, ho avuto la fortuna di incontrare molti costituenti nella mia vita (da Umberto Terracini a Sandro Pertini, da Giuseppe Dossetti a Lelio Basso, Da Teresa Noce e Angela Gotelli) e mi ha sempre stupito la loro capacità di ascolto di noi giovani ventenni e l’umiltà nel ricordare che loro avevano fatto la loro scelta di vita a quell’età e che sono i giovani che devono essere protagonisti del loro futuro, con Costituzione, Dichiarazione dei diritti umani e ONU come fondamenta di un futuro di pace, senza guerre. E l’invito costante, quasi una implorazione, a non dividersi sui valori fondamentali, come la pace, la giustizia sociale e la libertà.

E’ a questo spirito che si richiama l’Appello di Trieste della scorsa settimana di numerose associazioni cattoliche che si sono incontrate per offrire il loro contributo per la prossima Settimana sociale dal titolo “Al cuore della democrazia”. In vista delle elezioni europee scrivono, tra l’altro:

“…La guerra è una sconfitta del diritto della comunità internazionale e dell’umanità intera. In questa ora terribile per il mondo siamo chiamati a una conversione profonda e a dare un giudizio comune e chiaro: la pace è il dovere della politica, Un ostinato e creativo dovere…

L’Unione europea, costruita sulle macerie della guerra, sull’utopia della pace, ha un ruolo decisivo e tutti noi ci sentiamo responsabili dell’eredità di politici europei, credenti e non, che hanno anteposto la vita e le ragioni che uniscono dinanzi a ciò che divide…

Oggi più che mai la politica è ‘la più alta forma di carità’ se persegue la pace.”

E’ un appello che si può sottoscrivere, ma soprattutto diffondere con un impegno, emerso più volte anche nel corso di questo convegno, affinché per il Parlamento europeo sosteniamo candidati che già operano per la pace e contro il capitalismo predatorio armato che sta distruggendo ambiente e beni comuni, servizi pubblici e un’economia civile, che deve essere davvero sussidiaria, conquistati con tanta sapienza e con anni di lotta, creando miserie crescenti e diseguaglianze sempre più gravi, anche in Europa.

  • Organizzare la pace…

In “Tu non uccidere” don Primo Mazzolari riprendeva Josef Menger, prete tedesco ucciso dai nazisti nel 1944 per “pacifismo disfattista”, per un programma di chi vuole lottare per la pace: “Noi dobbiamo organizzare la pace come gli altri la guerra”.

Fermandoci solo agli ultimi vent’anni vediamo che il mondo, con la netta prevalenza dell’Occidente sul totale degli oltre, dichiarati ufficialmente, 2340 miliardi  di dollari spesi, è andato in direzione contraria. Per “la Difesa” si sono raddoppiate le spese militari e si sono sempre più ridotte (scendendo sotto il 4 % del totale) quelle preventive, dei sistemi di garanzia, per le Organizzazioni internazionali e per le Ong, per le “vie giuridiche e istituzionali, nonviolente, per la pace positiva” di cui ci ha parlato Marco Mascia.

Anche le organizzazioni della società civile che operano per la pace e la nonviolenza hanno faticato a strutturarsi per dare continuità al proprio impegno per la pace. Con il paradosso che la pace, che riteniamo il bene più prezioso per una comunità, ha un’organizzazione marginale in termini di risorse, sia umane, sia politiche. Come realizzato in altri campi decisivi per i diritti dei cittadini (dalla istruzione alla salute, dai servizi alla persona alla protezione civile, dall’ambiente alla cultura diffusa…) dobbiamo “organizzare la pace” dando continuità e strutture adeguate, con persone che lavorino in questo ambito costantemente, con formazione costante e relazioni sociali diffuse e continue.

Ci sono tante esperienze che vanno in questa direzione, ma poche sono ben strutturate e davvero in reti stabili e non costruite solo sulle emergenze o per singole iniziative. Bisogna “investire in organizzazioni di pace”, nonviolente, risorse e persone formate in modo permanente e rappresentanti di organizzazioni in rete tra loro e di volta in volta unite su finalità comuni. Ci sono tante esperienze positive al riguardo (io mi permetto di ricordare anche la nostra esperienza delle Casa della pace di Parma in un edificio dato in uso dai Missionari saveriani, che si può consultare sul nostro sito), alcune storiche come quelle del Movimento nonviolento, ma che scontano la difficoltà del diffondersi e dello strutturarsi. Per le esperienze nonviolente la perseveranza nel tempo è fondamentale per radicarsi e rinnovarsi.

Il servizio civile volontario dovrebbe essere rilanciato in questa direzione, recuperando il nesso tra impegno civile nonviolento e per la pace che l’ha caratterizzato per tanti decenni.
Così come dovremmo riuscire a valorizzare maggiormente il Comitato per la valutazione dei Corpi civile di pace presso la Presidenza del Consiglio per fare conoscere e sostenere le importanti esperienze nonviolente fatte in vari luoghi di conflitto e di guerra e per mettere in rete le esperienze, anche europee e di altri continenti.

  • …anche nelle Istituzioni…

A livello locale, proprio per dare continuità alle iniziative di pace, dovremmo cercare di fare istituire in ogni Comune (o unendo tra loro i più piccoli) gli Assessorati alla pace, con programmi pluriennali di impegno e con convenzioni stabili con le reti organizzate (o da aiutare ad organizzare) in ogni territorio.

I Consigli comunali hanno avuto molta importanza nel dare voce e gambe a molte iniziative partite dal basso, raggiungendo anche livelli istituzionali nazionali e sovranazionali. Cito per tutte la campagna “Italia ripensaci”, per la sottoscrizione da parte del nostro Parlamento del Trattato ONU contro le armi nucleari, così come varie forme di cittadinanza a persone come Auung San Suu Kyi o Julien Assange o a persone in carcere in varie dittature che hanno relazioni con enti locali italiani o il divieto di installazioni di fabbriche d’armi (o proposte di loro riconversione).

Dal livello locale possono anche partire molte iniziative, collegate tra loro, rivolte ai parlamentari locali o a chi cerca di lavorare per la pace nelle Istituzioni, anche con proposte di legge condivise attraverso sottoscrizioni dei cittadini (come fatto per la legge di iniziativa popolare sulla Difesa civile nonviolenta, che comprende anche l’opzione fiscale tra spese militari o per la difesa civile).

Le campagne per un Bilancio attento ai nostri impegni costituzionali trova da anni una voce importante nelle proposte di “Sbilanciamoci” che dovremmo sempre più diffondere e valorizzare in ogni territorio. Così come le lotte contro proposte di modifiche di leggi importanti per la pace e il disarmo, come in queste settimane per la modifica della legge 185.

Come ci richiamavano stamattina Raniero La Valle e Marco Mascia, dobbiamo anche svolgere un ruolo costante di informazione su importanti conquiste spesso ignorate dai nostri parlamentari e che offrono basi per politiche di pace. Venivano citate ad esempio il “Patto Gorbacev – Gandhi e il dividendo di pace” dimenticato anche all’ONU o i vari sistemi di garanzia per prevenire le guerre o intervenire a conflitto iniziato ma non ancora esploso in guerra, anche da parte dell’Unione europea.

  • … operando sempre in rete

Reti locali, nazionali, europee e internazionali, contrapponendo a tutto quanto isola, frammenta, riporta a divisioni e nazionalismi del passato la relazione fraterna fondata sui Diritti umani per tutta l’umanità, per ogni cittadino e cittadina della nostra unica Terra.

Nelle esperienze fatte nelle scuole e nelle Università è forse l’aspetto più coinvolgente e motivante quello del riconoscersi in una relazione concreta fatta di persone, provenienti da zone di guerra da ogni continente, che si ritrovano in carne ed ossa, sopravvissute, a dare verità, a quanto visto, distrattamente e troppo superficialmente, nella rete virtuale.

E’ decisivo dare voce, visibilità, corpo, a ragazze e ragazzi che provengono da luoghi di guerra, che raccontano la loro storia, che danno la giusta prospettiva dei fatti dalla parte delle vittime innocenti. E proporre ulteriori incontri, approfondimenti, studi,  scritture, video, che riportino la guerra a quello che è: dolore, distruzione, paura, odi, fughe, morte, ferite non rimarginabili se con cicatrici indelebili. E necessità di accoglienza e di lotta per chi da luoghi di pace deve lottare per il diritto alla pace per tutti.

Le reti delle scuole per la pace sono importantissime per dare protagonismo e confrontare pluralità di culture e insieme richiesta di aiuto a chi opera per la nonviolenza per percorsi concreti di studio e di proposta per costruire la pace.

Così come le rete delle Università della pace (Runipace) di cui ci parlava stamattina Marco Mascia, che abbiamo avuto l’avventura di condividere anche con l’Università di Parma e di presentarla al termine di una marcia Perugia - Assisi. E i vari corsi universitari sulla pace e sulle risoluzioni nonviolente dei conflitti in varie città.

Sempre più vanno sostenute, anche economicamente, reti allargate nazionali e oltre come  “rete pace disarmo” o “Europe for peace” o “Beati i costruttori di pace”, alla quale va il nostro ringraziamento e augurio per l’Arena di pace di sabato prossimo, o quelle delle riviste che instancabilmente lavorano per questo (grazie Missione oggi!) e le associazioni nonviolente, laiche e in dialogo tra religioni diverse.

  • “Aiutare a guardare alto”

La scorsa settimana è venuto a Parma il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme, per ricordare, nel centenario della morte, il fratello francescano padre Lino Maupas “uomo di confine che ha dedicato tutto sé stesso ai poveri e con la sua presenza ha dato alla loro vita una sapore diverso”.

Ha risposto anche ad alcune domande sulla guerra, parlando con strazio “di un deserto di odio, di sfiducia che regna nelle popolazioni, con una intensità e un impatto, dopo il 7 ottobre e la vendetta israeliana su Gaza, mai visto in precedenza nella storia recente”.

Ha parlato di tempi molto lunghi “per ricucire le ferite” e di conseguenze che dureranno molti anni. Alla domanda “e noi cosa possiamo fare?”, alla preghiera incessante, all’informazione dando la parola alle vittime, al sostegno a chi riesce a fuggire da Gaza, ha aggiunto “aiutarci ad alzare lo sguardo, perché non lo state facendo. State imitando quello che stiamo facendo noi , anche voi vi dividete e urlate parole di odio. Abbiamo bisogno che ci aiutate a dialogare, non certo a cancellare le differenze, ma a ad argomentarle in modo diverso, rifiutando sempre, sempre, la violenza!” Ed ha ancora aggiunto: “Non vogliamo slogan, formule vuote, ma che ci aiutate a fare cessare la violenza, smettere di uccidere civili innocenti, concretezza nelle proposte, tutti gli Accordi sono falliti perché basati su teorie, anche belle, giuste, ma che escludevano il dialogo tra i popoli, la loro preparazione nel confronto, nello scambio, anche diretto, di relazioni. Si è sempre proceduto in senso opposto”.

Il cardinale mi ha ricordato “il grido di speranza in assenza di speranza” del bellissimo e doloroso documento “Kairòs Palestina” del 2010, edito da Pax Christi.

Nel dialogo informale successivo abbiamo condiviso la necessità di fare conoscere e di dare voce, insieme ai drammi di chi vive la disperazione di Gaza e dei territori occupati da Israele, alle esperienze di dialogo e di vita in comune di ebrei, musulmani e cristiani, rifiutando fanatismo e ogni violenza.

Sarà così importante dare voce ad esperienze, in gran parte di donne, che operano insieme per la pace, valorizzando le proprie storie e differenze, partendo dal vissuto dolore comune, provando anche il dolore degli altri,  “oasi di pace in un deserto di odio”, da Neve Shalom – Wahat al Salam a Peace now; da The parents circle family forum a Wome wage peace , da Breaking the silence a Standing together, ad altre esperienze che penso “profetiche” come chi, durante la seconda guerra mondiale, a Ventotene e a Camaldoli, indicava il tempo della riconciliazione e della caduta dei confini nazionali che tante guerre e devastazioni provocano nel mondo. Per convertirci, per aiutarci a guardare in alto.

Ed è importante ricordare quanto ci dicevano stamattina Raniero La Valle e Marco Mascia sul ruolo fondamentale di Europa e Onu per una soluzione politica, con il coinvolgimento attivo degli Stati dell’intera regione per “la Gaza delle genti”.

  • Pregare insieme per la nonviolenza

Enzo Pace ci ha aiutato con molti esempi a chiarire che oggi non ci sono guerre di religione in corso, ma le religioni sono usate come surrogato delle ideologie politiche etno-nazionalistiche.

Abbiamo visto con le lacrime agli occhi, ancora, anche in questi ultimi anni, anche oggi, proclami di guerra tra cristiani tradendo il Vangelo della pace, Eucarestie celebrate in divisa militare, invocazione alla stesso Dio per la morte dei fratelli della stessa fede, interpretazioni letterali dei libri sacri in contrasto con loro interpretazione “profetica”.

Non dobbiamo fermare e disperdere l’enorme patrimonio di dialogo ecumenico e interreligioso che si è avviato dal dopo Concilio, i percorsi di incontro e di speranza che hanno avviato tra tante comunità in ogni parte del mondo e che Papa Francesco ha concretizzato in tanti documenti condivisi, tra cui fondamentale quello “profetico” di Abu Dhabi con l’Imam Ahmad al Tayyib.

Come ci suggeriva padre Mario all’inizio di questo importante convegno, è urgente una “Pacem in terris” scritta da tutte le religioni insieme, che diffonda l’esperienza dell’amicizia sociale tra i popoli nella nonviolenza,  che lo Spirito continua a alimentare anche nei nostri giorni, ogni giorno, in ogni luogo della Terra. E lo vediamo, lo sentiamo, lo sperimentiamo, con continua sorpresa.

Abbiamo bisogno di tornare alle sorgenti della nostra fiducia nell’unico Dio, lasciandoci leggere dalla sua presenza amorevole, materna.


PER SAPERNE DI PIU'

REGISTRAZIONE INTEGRALE DELL'EVENTO - PARTE PRIMA

REGISTRAZIONE INTEGRALE DELL'EVENTO - PARTE SECONDA


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