Incrementiamo l'industria bellica e la chiamiamo pace

Non possiamo in questo clima pseudo-natalizio, rinnovare gli appelli alle tradizioni, al presepe che ci rende ‘orgogliosi’ se poi siamo complici di morte con le armi vendute a chi fa la guerra e progettiamo anche di mandare i profughi in Albania. Dice bene papa Francesco: «Oggi, come al tempo di Erode, le trame del male, che si oppongono alla luce divina, si muovono nell’ombra dell’ipocrisia e del nascondimento…»

Incrementiamo l'industria bellica e la chiamiamo pace

«La gente, che non vuole armi ma pane, che fatica ad andare avanti e chiede pace, ignora quanti soldi pubblici sono destinati agli armamenti. Eppure dovrebbe saperlo! Se ne parli, se ne scriva, perché si sappiano gli interessi e i guadagni che muovono i fili delle guerre». Così papa Francesco all’Angelus di Natale. E allora raccogliamo questo invito: «Se ne parli, se ne scriva».  Papa Francesco credo sia una delle poche se non l’unica voce autorevole, tra i grandi della Terra, che grida contro la guerra e chiede di dire no «ad ogni guerra, alla logica stessa della guerra, viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse… quante stragi armate avvengono in un silenzio assordante, all’insaputa di tanti!». E aggiunge: «E come si può parlare di pace se aumentano la produzione, la vendita e il commercio delle armi?». Lo avevo già scritto in un Primopiano di Famiglia Cristiana lo scorso 17 dicembre. Non possiamo lasciare solo papa Francesco…Non possiamo accettare che le spesso invocate ‘radici cristiane’ ignorino guerre e violenze di ogni genere, razzismi e scelte antievangeliche.

Sta a noi dare un nome e un cognome a quanti oggi, come al tempo di Erode, si oppongono alla luce divina, si muovono nell’ombra dell’ipocrisia e del nascondimento: quante stragi armate avvengono in un silenzio assordante, all’insaputa di tanti!

Così come il Vangelo della notte di Natale riportava nomi e luoghi: Cesare Augusto, Quirinio, Siria, Giuseppe, Galilea, Nàzaret, Giudea, Betlemme… anche noi siamo chiamati a non tacere luoghi e nomi: Gaza, Israele, Betlemme, Siria, Ucraina, Russia… Leonardo, Lockheed Martin, Fincantieri… 

Io abito vicino a Cameri, dove presso i capannoni della Leonardo si ‘preparano’ i caccia F-35. Su La Stampa del 24 dicembre leggo: «Cameri, l'accordo integrativo alla Leonardo rivoluziona il settore metalmeccanico, con un aumento economico consistente per le maestranze e numerose opportunità in tema di welfare aziendale, tra cui la possibilità di riduzione dell’orario di lavoro». Tutto molto bello, ma non possiamo nasconderci dietro a un dito, o a un legittimo riconoscimento anche economico per i lavoratori: questi aerei sono predisposti per il trasporto di armi nucleari! Possiamo essere indifferenti a queste notizie? Abituarci alla logica del profitto? A una sottile ipocrisia, tanto più in questi giorni di Natale in cui accogliamo il Principe della pace?

Mi hanno colpito le parole del ministro Crosetto che parlando di una ipotetica tregua tra Russia e Ucraina ha detto: «Come direbbe Boskov - citando l’allenatore calcistico serbo - credo nella tregua quando non cadranno le bombe». Signor ministro non stiamo parlano di calcio ma di morti, di guerra “viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse”.

Proprie Lei che - tra i tanti numerosi accordi – ha incontrato a Baku, lo scorso 12 gennaio, il presidente dell'Azerbaijan Aliyev, per discutere «temi di comune interesse nel settore della Difesa ed energetico, obiettivi condivisi anche dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni». Ma La tragedia in Nagorno-Karabakh, o Artsakh in lingua armena, con oltre 100mila profughi verso l’Armenia ci interessa? O ci interessa fare affari con le armi con i governi che hanno chiaramente un disegno di pulizia etnica del Nagorno-Karabakh come è ormai evidente? E che dire delle forniture di armi da parte dell’Italia a Israele? Questo ci rende complici di un massacro che si sta compiendo a Gaza. E l’Italia non solo invia armi al Governo di Israele, ma si è astenuta sulla risoluzione delle Nazioni Unite per chiedere un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Se vendessimo armi ad Hamas cosa si direbbe? E venderle a Israele può essere considerata una “cosa normale”?

Non possiamo in questo clima pseudo-natalizio, rinnovare gli appelli alle tradizioni, al presepe che ci rende ‘orgogliosi’ se poi siamo complici di morte con le armi vendute a chi fa la guerra e progettiamo anche di mandare i profughi in Albania. Dice bene papa Francesco: «Oggi, come al tempo di Erode, le trame del male, che si oppongono alla luce divina, si muovono nell’ombra dell’ipocrisia e del nascondimento…».

di Don Renato Sacco per famigliacristiana.it


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubbblicato

design komunica.it | cms korallo.it