Non c’e' pace senza disarmo

La guerra in corso in Ucraina conferma dolorosamente le caratteristiche di ogni guerra ed è necessario proclamare le nostre lotte e proseguire con forza per portare un cambiamento.

Non c’e' pace senza disarmo


La guerra in Ucraina, che conosciamo quotidianamente con informazioni e testimonianze dettagliate, conferma dolorosamente le caratteristiche di ogni guerra, anche quelle in corso in altri continenti che non vediamo o vogliamo rimuovere
(1):

Innanzitutto che le prime vittime sono le persone innocenti, i civili, i più fragili che non possono difendersi e, spesso, nemmeno fuggire dai bombardamenti. E le distruzioni con metodi terroristici di obiettivi civili per creare paura e fughe di massa di popolazioni inermi, con i profughi che diventano armi per destabilizzare i Paesi confinanti (2).
E la disumanità delle violenze sulle donne (3), sui civili, con eccidi, stermini che troviamo in ogni guerra e che ci paralizzano nel dolore senza aiutarci ad imparare cosa ci può rendere più umani.
E l’odio che si amplia dai responsabili della guerra ai popoli, comprendendo anche chi lotta contro la guerra, a rischio della propria vita (4).
E la miseria che, oltre ai Paesi in guerra, crea nelle popolazioni più povere delle Terra a causa del blocco o della riduzione del commercio di beni essenziali, per il trasferimento di risorse da beni civili agli armamenti e per le speculazioni finanziarie sulle materie prime (5).
E lo stravolgimento etico e politico per cui il riarmo che ha creato le condizioni per la guerra deve crescere per farla cessare. E le terribili testimonianze delle violenze invece di muovere a pietà e necessità di accordi rapidi e garantiti dalla comunità internazionale, sono occasioni di radicalizzazione e di escalation del conflitto.
E il clima bellicista capovolge la realtà, per cui chi ha sempre combattuto contro regimi autoritari, come l’attuale russo, sostenendo i dissidenti, si vede accusare, da chi ha fatto affari con lo stesso dando risorse per il suo riarmo, di essere dalla sua parte (6).
E la ricerca di soluzioni, complesse, che, obbligatoriamente, si dovranno trovare per un trattato che ponga fine alla guerra vengono accusate di essere un cedimento a Putin.

E la Costituzione italiana viene letta parzialmente e strumentalmente, nel suo articolo 11. Condividendo la condanna per la guerra offensiva del regime di Putin all’Ucraina si rimuove il ripudio della guerra “come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Lavando così la coscienza di una politica che ha voluto ignorare per almeno otto anni un conflitto in corso nel Donbass (che aveva già provocato oltre 13.000 morti accertati) che si è lasciato marcire senza interventi adeguati da parte dell’Europa e della comunità internazionale. Al contrario continuando a riarmare, direttamente o attraverso le relazioni economiche, i Paesi in conflitto. E rimuovendo irresponsabilmente il pericolo dell’allargamento della guerra con l’uso delle armi nucleari (7).  
E, come sempre viene rimossa, la seconda parte dell’articolo 11 che ha consentito di creare l’Unione europea e ritenere superata per sempre la possibilità che i Paesi europei potessero di nuovo combattersi tra loro. E che, nella visione dei nostri padri e delle nostra madri costituenti, avrebbe dovuto ampliarsi a tutte le relazioni internazionali dando risorse adeguate all’Onu. Uscendo per sempre dall’idea delle forze armate nazionali. Questa forte scelta politica, nata da una guerra terribile con distruzioni di massa che hanno avuto il loro culmine a Hiroshima e Nagasaki, è stata svalutata come idealista e addirittura “frutto di illusioni” da tanta stampa schierata per la guerra ad ogni costo.  

E ancora in questa guerra si nasconde uno degli effetti di quella che Papa Francesco chiama “economia predatoria”: la militarizzazione dell’economia che mostra il suo volto disumano che crea morti dirette insieme all’aumento spaventoso della miseria e delle diseguaglianze e della distruzione del nostro pianeta. Rimuovendo così scelte ormai vitali per la nostra umanità e il nostro pianeta, tornando a scelte distruttive e relazioni commerciali che fingono di ignorare i regimi con i quali si collabora.
E tutto in una logica emergenziale permanente che dalla lotta al terrorismo, alla crisi economica al Covid19 alla guerra porta a scelte che, seminando paura e insicurezza, rinviano sempre decisioni a favore delle popolazioni più povere e dell’ambiente. Anzi facendole retrocedere per fare posto a sempre nuove emergenze (8).
E’ quanto sta avvenendo anche per i tanti immigrati che non riescono ad arrivare da Paesi dimenticati (dall’Afghanistan allo Yemen, dalla Siria all’Etiopia, a tanti Paesi africani).

E nella retorica bellicista in corso ancora si confondono parole come forza e violenza, lotta e guerra, riducendo gli strumenti del dialogo, della diplomazia, della nonviolenza alla dimensione relazionale tra persone negandola agli Stati. Proprio un secolo fa Benedetto XV, nella attualissima enciclica “La pace, gran dono di Dio”, dopo la fine della Prima guerra mondiale, scriveva, nel condannare ogni nazionalismo (anche religioso): “Non è affatto diversa la legge della carità tra gli individui da quella che deve esistere tra gli Stati e le nazioni, non essendo esse che popoli, insieme di singoli individui”.  

Come Casa della pace continueremo, direttamente e come realtà che l’hanno voluta, a operare per l’accoglienza, per dare voce a chi scappa dall’Ucraina e da ogni guerra e proseguiremo con maggiore forza nelle nostre lotte, collegandoci sempre più a esperienze come la nostra in Italia e nel mondo:

  • per la ratifica da parte del nostro Parlamento del Trattato dell’ONU contro le armi nucleari;
  • per la incostituzionalità delle armi nucleari e di distruzione di massa (seminario del 24 ottobre con l’Università di Parma);
  • per la riduzione delle spese militari, sostenendo anche l’appello dei Premi Nobel e la campagna contro le “banche armate”;  
  • per fare conoscere le proposte dell’Agenda dell’ONU per il disarmo e per un aggiornamento delle funzioni della stessa adeguandola al nostro tempo, dopo oltre 70 anni dalla sua costituzione;
  • contro il commercio delle armi come previsto dalle leggi vigenti continuamente violate e aggirate;
  • per la diffusione del servizio civile volontario anche nella parte che impegna nei corpi civili di pace (per i quali non sono utilizzate, se non parzialmente, le risorse presenti nel bilancio dello Stato);
  • nelle attività educative nelle scuole e a sostegno delle rete delle scuole per la pace;
  • nella connessione tra le lotte per il clima, per la giustizia sociale e per il disarmo;
  • nell’informazione costante sulle riflessioni e le iniziative per la pace, il disarmo e la nonviolenza, anche attraverso il nostro sito;
  • per la costituzione dell’assessorato alla pace in ogni Comune, con iniziative programmate, continuative e partecipate.

 


(1) Come nello Yemen, dove siamo al settimo anno di guerra, combattuta anche con armi italiane, con 377.000 vittime accertate per la guerra e per le sue conseguenze sanitarie e alimentari  prevalentemente su bambini e persone fragili; ancora in Libia, in Siria, in Afghanistan, nel Tigrai e in altri 21 Paesi dichiarati in guerra dall’ONU.
(2) Le analisi di Amnesty, UNHCR, OIM e gli articoli di Arianna Farinelli.
(3) Vedi le testimonianze delle donne yazide, Premio Nobel per la pace 2018.
(4) I tanti oppositori russi alla guerra nella società civile, nell’informazione, nelle chiese, nelle famiglie (anche dei soldati in guerra), dei nonviolenti.
(5) Analisi della FAO e di Jeffrey Sachs.
(6) Le resistenze al blocco alle importazioni di petrolio e gas russo che finanziano la guerra (vedi le varie campagne in corso).
(7) Dati del SIPRI sulla armi nucleari nel mondo.
(8) Convegno all’Università di Parma e analisi di Ainis e Zagrelbesky.



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