Contro ogni guerra, ricominciare l'impegno per pace e disarmo

La guerra viene rappresentata come qualcosa di lontano dall'occidente, ma in occasione di varie iniziative promosse da Casa della Pace, è necessario fare il punto sugli enormi costi economici e sociali della corsa agli armamenti.

Contro ogni guerra, ricominciare l'impegno per pace e disarmo

Un gruppo di giovani, durante le iniziative del 6 agosto per ricordare Hiroshima e raccogliere le firme affinché l'Italia ratifichi il Trattato ONU per l'eliminazione delle armi nucleari, ha chiesto: «E noi cosa c'entriamo?». Appurato che si riferissero “a noi italiani”, sono rimasti sorpresi nell'apprendere che nel Paese sono presenti 40 testate nucleari tradizionali e almeno altre 72 tattiche a minore impatto distruttivo. Alcune di queste (20) sono ad un'ora di auto da Parma, nella base di Ghedi (Brescia). In Europa ci sono altre 800 testate nucleari Nato e oltre 1000 russe. Nel mondo oltre 13mila bombe atomiche (4mila dispiegate e pronte all'uso) sono in grado di distruggere ogni forma di vita in poche ore. La minaccia nucleare, il forte riarmo di questi ultimi anni e i nuovi sistemi d'arma tecnologici con limitato utilizzo di personale sono assenti nell'informazione e nel dibattito politico, così come la valutazione dei loro costi enormi, economici e sociali.

La guerra viene rappresentata come qualcosa di lontano dall'occidente: quelle in corso sono in gran parte dimenticate, se non quando possono avere conseguenze per la nostra sicurezza (vedi terrorismo e immigrazione). Il Papa nella "Fratelli tutti" ricorda con forza che «la guerra non è un fantasma del passato, ma è una minaccia costante. Si stanno creando le condizioni per la proliferazione delle guerre» (256, 257). Domenica 26 settembre, Giornata internazionale per l'eliminazione totale delle armi nucleari, una delegazione della Casa della pace di Parma ha partecipato all'iniziativa nonviolenta davanti alla base militare di Ghedi a cura del Coordinamento degli enti locali per la pace (al quale aderisce anche il Comune di Parma) e di altre associazioni e riviste nonviolente e cattoliche. Dopo alcuni interventi è stato consegnato un messaggio al comandante della base per far conoscere il nostro impegno affinché i temi della pace e della giustizia sociale arrivino a tutti, anche ai lavoratori della Difesa.
Abbiamo dato voce alle vittime delle tante guerre presenti in ogni continente che vivono anche nelle nostre città. È stato ricordato inoltre come rimanga ancora valido il pronunciamento di molti giuristi italiani per l’incostituzionalità delle armi nucleari e di distruzione di massa (anche nel solo possesso) perché non compatibili con il principio di difesa, trattandosi di armi di sterminio di massa.

Si è ribadita anche la necessità di fermare l'aumento delle spese militari (in Italia il 7,8% nei due anni di Covid), di dare regole più stringenti per la produzione e il commercio delle armi e di porre vincoli chiari al progetto di Difesa europea. Su quest'ultimo sono necessari approfondimenti e confronti pubblici informati e trasparenti. È positivo tutto quanto fa uscire dalla logica degli eserciti nazionali (auspicato già nel Manifesto di Ventotene e dall'art. 11 della nostra Costituzione), ma occorrono certezze sul fatto che una vera Difesa comune non contenga armi di distruzione di massa, non partecipi ad una nuova corsa agli armamenti e non sia utilizzata «per la difesa degli interessi europei nel mondo». I primi segnali non sono incoraggianti e appaiono succubi delle richieste dell'industria bellica, come dimostra il riferimento nel discorso sullo stato dell'Unione del 15 settembre scorso che indica come priorità la ricerca sui nuovi sistemi d'arma aerei e spaziali e l'eliminazione dell'iva per le armi prodotte per la difesa comune (calcolata da una parlamentare europea, Manon Aubry, «in un regalo di oltre 10 miliardi all'industria bellica, quando la stessa proposta non è mai passata per i generi alimentari essenziali»).

Altro elemento preoccupante è la mancanza di qualsiasi riferimento alla funzione dell'Onu e al suo sostegno per una vera attuazione dell'impegno (concreto e organizzato) per la pace previsto alla Carta delle Nazioni unite. Così come qualsiasi connessione tra la transizione ecologica e il disarmo. È necessario ancora ricordare come la corsa al riarmo sottragga risorse economiche ad una maggiore giustizia tra i popoli e ai bisogni delle persone più povere, a partire dall'infanzia: nel 2020 sono stati spesi nel mondo quasi 800 miliardi di euro (dati Sipri, come i precedenti). La Marcia Perugia - Assisi di oggi sarà un'ulteriore occasione di impegno concreto per la pace. La marcia (la cui prima edizione fu nel 1961) ha come titolo “I care: la cura è il nuovo nome della pace”: un appello affinché tutti ed ognuno nel proprio quotidiano promuovano la pace, subito, in ogni luogo di vita.


(pubblicato in Gazzetta di Parma, il 10/10/2021)


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