Disarmo
Uscire dalla follia della guerra
(Fonte: comune-info.net)
"Non si può trattare la guerra come un’emergenza intermittente, alla quale guardare di volta in volta con orrore sui diversi scenari, perché è ormai un dato permanente e globale del nostro tempo che, come nella distopia di Orwell, si va intensificando anno dopo anno. Ce lo dice da tempo papa Francesco con la sua intuizione lungimirante: siamo all’interno di una guerra mondiale a pezzetti che si vanno, ma mano, rinsaldando; ce lo dice il Conflict data program dell’Università di Uppsala: ci sono sul pianeta 170 conflitti armati e, tra questi, decine di guerre vere e proprie. La guerra tra Russia ed Ucraina andava avanti dal 2014, con 13.000 morti, ma noi ce ne siamo accorti solo il 24 febbraio 2022, con l’invasione russa dei territori ucraini. L’occupazione di Israele dei territori palestinesi va avanti almeno dal 1967, ma negli ultimi anni questo conflitto è stato completamente rimosso dall’attenzione dei media, e la condizione di oppressione strutturale e militare del popolo di Palestina non vista, fino alla brutale esplosione di violenza da parte di Hamas dello scorso 7 ottobre. Con la prevedibile e brutale ritorsione violenta da parte di Israele. Eppure solo negli ultimi 15 anni, fino al settembre 2023, si contavano 6.407 morti tra i palestinesi e 308 tra gli israeliani.Nel conflitto israelo-palestinese non si può stare con Hamas, organizzazione terroristica la cui leadership violenta è una sciagura per il popolo palestinese, e non si può stare con il governo di Israele la cui violenza militare e militarista è una sciagura per il popolo israeliano: “tra un’ondata e l’altra di violenza, rendiamo la vita impossibile ai cittadini di Gaza e poi ci sorprendiamo quando la situazione esplode”, scrivono sulla loro pagina facebook i veterani di guerra israeliani dell’associazione Breaking the silence. Non si può che stare con le vittime di entrambe le parti, consapevoli che nessuna soluzione del conflitto possa venire dall’aggiungere violenza a violenza: i crimini di guerra non sanano i crimini di terrorismo, ma raddoppiano i crimini e moltiplicano le vittime. L’unica via d’uscita è lo spezzare la catene della violenza, interrompere la sua riproduzione all’infinito.
Che cosa possiamo fare a questo scopo? Possiamo, in primi luogo, sostenere le componenti pacifiste e nonviolente presenti in entrambe le parti, che le violenze mettono nell’angolo. Così come il Movimento Nonviolento italiano sostiene gli obiettori di coscienza e i pacifisti russi e ucraini, vanno sostenuti i costruttori di ponti israeliani e palestinesi, come i giovani refusnik israeliani che rifiutano il servizio militare nei territori occupati e per questo subiscono il carcere; come i movimenti palestinesi che nella Prima Intifada hanno raggiunto con la lotta nonviolenta gli accordi di Oslo tra Rabin (non a caso ucciso da un estremista israeliano) e Arafat: l’unica “vittoria”, per quanto parziale, è stata conquistata con la nonviolenza, ossia con una lotta che attira a se l’empatia e la solidarietà dell’avversario, anziché l’odio (come abbiamo raccontato anche qui). Non a caso in quel periodo fiorirono in Israele le organizzazioni pacifiste Peace Now, Donne in nero, Parent circle.
E poi dobbiamo incalzare le organizzazioni internazionali, dalle Nazioni Unite all’Unione Europea, affinché svolgano il ruolo attivo di mediazione invece di soffiare sul fuoco. Senza doppi standard morali e lessicali. Se, come disse Ursula von der Leyen il 19 ottobre 2022, “Gli attacchi della Russia contro le infrastrutture civili, in particolare l’elettricità, sono crimini di guerra. Privare uomini, donne e bambini di acqua, elettricità e riscaldamento con l’arrivo dell’inverno: questi sono atti di puro terrore. E dobbiamo chiamarlo così.” Allora, un anno dopo, bisogna chiamare “puro terrore” anche quello di Israele contro la popolazione civile della striscia di Gaza, condannandolo, non sostenendolo. Anche perché ogni casa abbattuta a Gaza, ogni strage sotto le macerie, non riduce ma moltiplica il numero dei palestinesi disposti a prendere le armi. Ed è impossibile e incredibile che il governo israeliano non lo comprenda e che nessun governo amico lo suggerisca. Occhio per occhio il mondo diventa cieco, diceva Gandhi.
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“UN GIORNO DI PACE”:
GUARDA IL CORTO DI EMERGENCY
È passato un anno dallo scoppio della guerra in Ucraina.
Mentre assistiamo all’aggravarsi del conflitto, con il rischio di coinvolgere tutta Europa, il pericolo di un’escalation nucleare è sottovalutato in modo incosciente.
La pace deve essere la soluzione: altrimenti, potrebbe trasformarsi in una tragica conseguenza.
#AbolishWar
È passato un anno dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e dall’inizio della guerra.
Un anno in cui l’unica soluzione proposta dai nostri Governi è stata quella militare: più armi, più equipaggiamenti, sempre più sofisticati e distruttivi. “In questo modo la guerra finirà presto”, dicevano.
Il fallimento di questo approccio è sotto gli occhi di tutti: la guerra non è finita e non c’è nessun impegno concreto per la pace, mentre la popolazione civile continua a pagare le conseguenze più devastanti e dolorose del conflitto. Spesso sono i più vulnerabili, le persone con disabilità, gli anziani. Le persone che non hanno potuto fuggire.
E mentre la guerra continua ad aggravarsi, con il rischio di coinvolgere tutta Europa, il pericolo di un’escalation nucleare è ancora sottovalutato in modo incosciente.
Non crediamo a chi ci dice che la guerra è inevitabile per poter fare la pace: solo la pratica dei diritti umani può portare alla pace.
Abolish war. Aboliamo la guerra.
Come le malattie, anche la guerra deve essere considerata un problema da risolvere e non un destino da abbracciare o apprezzare.
Era il 1955 quando i più importanti scienziati del mondo nel cosiddetto Manifesto di Russell-Einstein ponevano un quesito fondamentale: “Metteremo fine al genere umano o l’umanità saprà rinunciare alla guerra?”.
Dopo oltre 65 anni continuiamo a vedere la guerra come una risposta, tanto nel nostro passato quanto nel presente: questo non significa che debba fare parte anche del nostro futuro, per questo crediamo che abolire la guerra sia l’unica speranza.
La maggiore sfida dei prossimi decenni consisterà nell’immaginare, progettare e implementare le condizioni che permettano di ridurre il ricorso alla forza e alla violenza di massa fino alla completa disapplicazione di questi metodi. La guerra, come le malattie letali, deve essere prevenuta e curata. La violenza non è la medicina giusta: non cura la malattia, uccide il paziente.
Unisciti a noi nel manifestare il tuo rifiuto della guerra e l’impegno per la costruzione di una cultura di pace indossando uno “straccio di pace”.
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