Accoglienza
Migranti espulsi dai Cas, appello a Mattarella: “ Fermare la deriva del sistema di accoglienza”
(Fonte: www.ciaconlus.org)
Pubblichiamo di seguito il comunicato stampa del Tai, Tavolo Asilo e Immigrazione, di cui fa parte anche Ciac attraverso la rete Europasilo, nel quale, alla luce della recente circolare del 7 agosto del ministero dell’Interno, si esprime: “Profonda preoccupazione per l’ennesima grave crisi del sistema d’accoglienza” e “totale disaccordo con l’approccio emergenziale assunto dal governo che ancora una volta punta ad ostacolare il diritto d’asilo e il diritto ad una accoglienza dignitosa”. Il TAI poi fa appello a Mattarella per chiedere di fermare "immediatamente la deriva del sistema dell’accoglienza e l'intervento istituzionale venga riportato dentro il quadro previsto dalle direttive europee e perché non si rinnovi una stagione di ghetti e di produzione di disagio sociale estremo, scaricato sui territori".
Le misure prese dal Governo sono sbagliate e inefficaci e non sono affatto legate al numero di arrivi, del tutto prevedibile e gestibile, ma all’assenza di volontà di trovare soluzioni corrette ed efficaci, scegliendo invece un approccio emergenziale: una decisione che alimenta la retorica dell’invasione.
Dopo avere trasformato in poco tempo i CAS in meri parcheggi per richiedenti asilo, eliminando servizi primari quali l’informativa legale e l'assistenza psicologica, il 7 agosto 2023 il Ministero dell'interno ha emanato una circolare con cui ha dato indicazioni alle prefetture di disporre la cessazione immediata delle misure di accoglienza per coloro che sono riconosciuti titolari di protezione internazionale e speciale, senza aspettare il rilascio del permesso di soggiorno e senza provvedere al loro trasferimento nel SAI. In sostanza, migliaia di titolari di protezione internazionale o speciale stanno per essere espulsi dai CAS e mandati per strada: in questa direzione si stanno muovendo le prefetture. Tale prassi risulta del tutto illegale in quanto i titolari di protezione internazionale e speciale hanno diritto di essere collocati tempestivamente dai Centri di Accoglienza Straordinaria verso il sistema SAI, e non abbandonati nel giro di pochi giorni. Una così clamorosa violazione di legge è altresì generatrice di enormi problematiche sociali nei diversi territori, dal momento che migliaia di rifugiati privi di mezzi e senza accoglienza si troveranno allo sbando in strada e dunque a carico del welfare locale. In questo modo, oltre a violare il diritto all'accoglienza dei/delle titolari di protezione internazionale e speciale, il Ministero dell’interno si pone in netto antagonismo con i Comuni, delegando a loro la questione e senza dotazione di risorse.
La soppressione dei servizi nei CAS non solo contrasta con la normativa europea e italiana in quanto si concretizza in un’elusione dell’accesso ai diritti, ma esclude nei fatti la possibilità di riscontrare la vulnerabilità dei richiedenti asilo, specie di coloro che sono sottoposti alla procedura accelerata. Molte vulnerabilità non possono infatti essere rilevate all’arrivo senza personale competente né tanto meno ciò può avvenire dopo il trasferimento nei CAS nei quali, come sopra evidenziato, vengono cancellati anche servizi fondamentali. In questo contesto di totale sbandamento del sistema pare inevitabile il diffondersi di gravi distorsioni, come nel caso, evidenziato in occasione dell'incontro del tavolo di coordinamento, delle donne vittime di tratta anche provenienti da paesi di origine sicuri.
Facciamo appello al Presidente della Repubblica, al Governo, alle Istituzioni italiane ed europee, ai/alle parlamentari, alla società civile, affinché si arresti immediatamente la deriva del sistema dell’accoglienza e l'intervento istituzionale venga riportato dentro il quadro previsto dalle direttive europee e perché non si rinnovi una stagione di ghetti e di produzione di disagio sociale estremo, scaricato sui territori. È inaccettabile contrapporre richiedenti asilo a titolari di protezione, quando è chiaro l’obbligo dello Stato di predisporre misure di accoglienza per ognuno di loro. È necessario invertire subito la marcia, non solo impedendo che migliaia di persone titolari di diritti fondamentali e inviolabili vengano trasformate in “senza fissa dimora” e abbandonate per strada, ma anche attivando strutture CAS solo ove strettamente necessario e assicurando comunque standard adeguati e dignitosi della persona umana, investendo da subito la maggior parte delle risorse per un forte e veloce ampliamento del sistema di accoglienza SAI, sia per adulti e famiglie che per i minori non accompagnati."
PER IL TAVOLO ASILO E IMMIGRAZIONE: A Buon Diritto - ActionAid - Amnesty International Italia – ARCI – ASGI - Casa dei Diritti Sociali - Centro Astalli – CGIL – CIES – CIR – CNCA - Commissione Migranti/GPIC Missionari Comboniani Italia – Europasilo - Fondazione Migrantes - Forum per Cambiare l’Ordine delle Cose - International Rescue Committee Italia - Medici del Mondo Italia - Medici per i Diritti Umani - Medici Senza Frontiere - Movimento italiani senza cittadinanza - Oxfam Italia - Refugees Welcome Italia - Società Italiana Medicina delle Migrazioni - UIL
Michele Rossi (CIAC ed Europasilo):“Accogliere bene fin da subito? Si puo' fare. Cioe' si potrebbe fare…”
|
|
Michele Rossi, un anno fa, a fine luglio, i richiedenti asilo, rifugiati e migranti in accoglienza in Italia erano poco più di 95 mila. Tre giorni fa, sempre fine di luglio, siamo arrivati a 128.900 persone. Italia Paese che accoglie?
«No, l’Italia accoglie poco e male. Accoglie senza programmazione, e quindi passa per ondate emergenziali in cui la mancanza di programmazione ereditata da politiche precedenti rende poi necessario ampliare improvvisamente il “sistema”, per dare rispostecomunque parziali e incompletea un bisogno reale. Quella che manca nel nostro Paese è proprio un’analisi del bisogno di accoglienza. E quindi si creano di continuo (io credo artatamente) delle condizioni di enorme pressionealle quali si dà una risposta insufficiente e temporanea. Questa non è accoglienza, è lo scadimento verso forme basiche e destrutturate di accoglienza».
Ad esempio?
«Ad esempio, la legge 50/2023, l’ex cosiddetto “decreto Cutro” (non lo chiamo così perché trovo che questa etichetta sia un’offesa ai cutresi e alle vittime della strage), toglie la possibilità al sistema pubblico, cioè il SAIex SPRAR, di accogliere i richiedenti asilo. Nella mia città e provincia, Parma, CIAC e i suoi sportelli aggiornano una lista d’attesa delle persone in diritto di ricevere accoglienza da parte dello Stato che però non la ricevono. Ebbene, ad oggi abbiamo 170 persone esclusedall’ingresso nel SAI, anche vi fossero dei posti vuoti. E’ uno dei paradossi per cui dico che si sta accogliendo poco e male, non sicuramente secondo il bisogno e sicuramente non secondo un programma e una logica. Perché alla fine questo limita anche le possibilità di integrazione. Nella mia ormai lunga esperienza di accoglienza ho verificato costantemente che è da come si accoglie fin dall’inizioche dipende in gran parte il periodo di integrazione successiva. Il nostro Paese si trova di fronte a un bivio: accogliere bene sin da subito, creando percorsi di tutela e integrazione, oppure affidarsi all’improvvisazione, spesso irrispettosa dei diritti umani oltre che della dignità delle persone, moltiplicando veri e propri parcheggi dove le persone sono stipate come oggetti,per poi gridare all’“ allarme accoglienza”. Questa è una scelta politica, culturale se vogliamo. Ma la recente questione ucraina ce l’ha dimostrato, accogliere bene fin da subito si può fare. Si può fare che le persone appena arrivate non siano degli irregolari, si può fare che le persone siano ospitate anche con il contributo della comunità locale e ricevano un’accoglienza duratura e dignitosa. In questo senso lanon-sceltaha un’unica “ragione”: creare gruppi sociali marginali e conflitti con la popolazione autoctona».
Ad aprile sulla rivista Altreconomia avvertivi che l’impostazione di quella che è poi diventata la legge 50 è ancora peggiore dei “decreti sicurezza” del 2018. Perché?
«Prima di tutto c’è la cancellazione di alcuni servizi fondamentali, dall’orientamento legale all’insegnamento dell’italiano, all’assistenza psicologica nei centri di primissima accoglienza. Questo è un aspetto gravissimo. Ma soprattutto si inaugura una limitazione della libertà personale nei centri di confinamentoper i richiedenti asilo. Assistiamo cioé a un peggioramento rispetto a quella che era la centralità dei centri di accoglienza straordinaria (i CAS) nei decreti cosiddetti “sicurezza”: ci avviamo a inaugurare un sistema concentrazionario, di segregazione, dei richiedenti. Quando sappiamo bene che la limitazione della libertà personale è pericolosa perché crea un sistema che sfugge al presidio della società civile. Visti anche i precedenti, cioè quello che è accaduto in questi anni e in questi mesi nei CPR e nei centri chiusi, si profila il drastico peggioramento di una situazione già non buona».
Dalla legge alla cronaca: il prefetto di Parma ha poi risposto alla lettera aperta di 12 associazioni, fra cui il CIAC, del 28 giugno sui richiedenti asilo arrivati dalla rotta balcanica e costretti a dormire in strada in via Cavestro, senza accoglienza?
«No, e nemmeno si è avuta risposta da parte di Questura e Prefettura sui ricorsiche sono stati presentati da 13 richiedentidi provenienza afghana, pakistana e bangladese lo scorso ottobre e chehanno ottenuto ragionedal Tribunale di Bologna: Questura e Prefettura non hanno ancora rispettato l’ordinanza del Tribunale».
Solo un paio di settimane prima, come CIAC avevate denunciato un’impennata dei migranti “a rischio socio-giuridico”: chi sono?
«Prima di tutto sono i richiedenti asilo, e fra loro in particolare quelli che non arrivano nelle nostre città attraverso la “filiera prefettizia” degli sbarchi ma entrano dalle frontiere di terra. Poi, sono i titolari di protezione specialeche non potranno rinnovare o commutare il loro permesso di soggiorno in un permesso per lavoro. Ancora, sono persone con il permesso per motivi di saluteche già oggi, per una decisione che noi consideriamo illegittima ma che comunque è già stata messa in atto, non hanno la possibilità di convertire, di nuovo, il loro permesso in un permesso per motivi di lavoro, completando un percorso che, magari da una condizione di instabilità psichica, li aveva aiutati (anche proprio attraverso un’occupazione) a recuperare un’autonomia preziosa, per sè ma anche per la comunità locale: ebbene, oggi non possono più lavorareper il peggioramento della tutela giuridica introdotto dalla legge 50».
Avete anche dati quantitativi per il vostro territorio, vero?
«Facendo la somma delle varie categorie, sulla base dell’attività dei nostri sportelli (che incontrano circa 18 mila persone l’anno in tutta la provincia di Parma) in pochi mesi siamo passati dal contare circa 350 personeche definiamo appunto ad “alto rischio socio-giuridico” a 700. Si tratta di persone per le quali non è possibile attuare nessun tipo di intervento di tutela sociale, o che non hanno più i requisiti utili a mantenere la loro autonomia lavorativa, la loro indipendenza economica, la loro situazione contrattuale. In una parola, è un raddoppiodelle situazioni che potremmo definire di grave marginalità.Per loro non ci sono strumenti che non siano informali, messi a disposizione da noi o dalla comunità stessa per far fronte a queste situazioni di precarietà lavorativa, alloggiativa o giuridica. Teniamo conto, fra l’altro, che la nostra è una stima cautelativa: la realtà potrebbe essere molto peggiore».
Su quali basi fai questa supposizione?
«In questi giorni, fra l’altro, stiamo osservando un peggioramento delle situazioni di disagio alloggiativo. Tradotto, stanno aumentando le personefuori, che non hanno un tetto. Stiamo anche osservando sempre più nuclei familiariche vanno in difficoltà e che non hanno, ad oggi, risorse e possibilità di accoglienza».
Come è andata, alla fine, come sta andando l’accoglienza dei profughi della guerra in Ucraina cui accennavi prima? Sembrano scomparsi dalle narrazioni della politica e dei media.
«Abbiamo incontrato una popolazione con grandi fragilità e che tutt’oggi manifesta difficoltà. Ma ci sarebbe di che riflettere a partire dalledimensionistesse di questa accoglienza, che è stata resa possibile dalla prontezza e dalla tempestività delle protezioni giuridiche, le quali, fra l’altro, hanno consentito un elevato accesso ai servizia una popolazione in gran parte di donne, minori e anziani. Cioè una popolazione che ha portato una complessità sconosciutaal sistema di accoglienza: malattie cronicheo problemi di inserimento scolasticodi bambini, ragazzi e adolescenti che hanno bisogno anche di interventi specializzati, di accompagnamento neuropsichiatrico, di compensazione dei traumi di guerra. Sono situazioni che ad oggi non sono risolte, ma almeno sono state assorbite nella rete del welfare territoriale(almeno dalle nostre parti, perché so che non è dappertutto così). I servizi sono stati posti di fronte a sfide non da poco, ma, come dicevo all’inizio, hanno dimostrato nei fatti che, con interventi individualizzati e con la sinergia professionale di accoglienza e servizi, non c’è nulla di non affrontabilein modoordinato, tempestivoeattentoalle dimensioni culturali, psicologiche, emotive delle persone. Questo però è rimasto un “privilegio” per gli ucraini. Per altre provenienze, a partire già dall’estate 2022 ma a maggior ragione in questi ultimi mesi, sono scattate fortissime, crescenti barriereall’accesso e alla presa in carico».
Poco ma sicuro, gli ucraini, al contrario degli “sbarchi”, non rimediano nemmeno più un trafiletto di quotidiano.
«Sonouna partedel mondo dei rifugiati che ha vissuto una grande legittimazione giuridica, ma anche sociale. E per questo sono molto più accettatirispetto a persone di altra origine, e se me lo consenti con un altro colore della pelle…».