L'attacco alla legge 185/90

Continua senza sosta l’iter del DDL di modifica della L.185/90, che assicura il controllo su importazione, esportazione e transito degli armamenti. Il Governo sta cercando di indebolire il controllo e la trasparenza sulla vendita delle armi – La RASSEGNA STAMPA
Disarmo

L'attacco alla legge 185/90

Flash mob a Montecitorio contro le bombe italiane in Yemen – Foto: Giuliano Del Gatto
Giorgia Meloni - Foto: presidenza della Repubblica (via Wikimedia Commons)
Stefania Craxi (dx) – Foto: ministero degli Affari esteri della Grecia (via Flickr)

Esportazioni di armi, il governo Meloni smantella la legge: addio trasparenza

La legge n. 185 del 1990 che ha permesso finora alla società civile di controllare le esportazioni di armi italiane è sotto attacco. Con il rischio che potremmo dare presto l'addio alla trasparenza in materia. Ecco perché

di Giorgio Beretta per Osservatorio Diritti | 31 GENNAIO 2024

L’intento è ben celato, ma evidente: smantellare la legge n. 185 del 1990. È la norma che il 9 luglio di quell’anno ha introdotto in Italia “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”.

Prima, per cinquant’anni, era rimasta in vigore la legge fascista promulgata col Regio Decreto n. 1161 dell’11 luglio 1941, firmato da Mussolini, Ciano, Teruzzi e Grandi, con cui l’intera materia delle esportazioni di armamenti era stata sottoposta al “segreto di Stato” e sottratta all’esame del Parlamento e della società civile.

Attacco alla legge n. 185/1990: Stefania Craxi presenta la nuova proposta

Il comparto militare-industriale non ha mai mancato occasione per lamentarsi dei lacci e lacciuoli imposti dalla nuova legge e non vedeva l’ora di potersene sbarazzare. Per attuarne il progetto, il governo di Giorgia Meloni ha predisposto un disegno di legge, presentato lo scorso agosto in Commissione Affari esteri e difesa al Senato (Atto Senato n. 855), che apporterebbe – a detta degli estensori – solo «alcuni aggiornamenti» alla legge «al fine di rendere la normativa nazionale più rispondente alle sfide derivanti dall’evoluzione del contesto internazionale».

Così si legge nella Relazione di presentazione (qui il pdf) della relatrice, la senatrice Stefania Craxi. Di fatto, come ha subito evidenziato la Rete italiana pace e disarmo, il disegno di legge crea notevoli preoccupazioni perché «rischia di mettere gli affari armati prima dei diritti». E soprattutto perché, come si è poi visto, è stato pensato per smantellare i punti più rilevanti della legge 185/90 ed in particolare per ridurre al minimo l’informazione e la trasparenza introdotte dalla normativa.


Il veto del governo sui divieti alle esportazione di armi italiane

Il meccanismo è stato predisposto con astuzia. Il disegno di legge del governo, infatti, ripristina presso la presidenza del Consiglio dei ministri il Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento per la difesa (Cisd), composto dal presidente del Consiglio dei ministri, che lo presiede, e dai ministri degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, dell’Interno, della Difesa, dell’Economia e delle finanze e delle imprese e del Made in Italy.

Un simile Comitato era previsto in origine dalla legge, ma successivamente era stato cancellato. Adesso viene reintrodotto al fine di «assicurare un coordinamento adeguato al massimo livello politico delle scelte strategiche in materia di scambi di armamento».  Ma, di fatto, con un’unica funzione e un unico scopo: porre il veto ai divieti alle esportazione di armi che il ministero degli Esteri e della cooperazione internazionale (Maeci), su proposta dell’Autorità nazionale Uama (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento), può decidere in applicazione delle norme stabilite dalla legge e delle decisioni votate dal Parlamento.


Export di armi: la nuova versione del segreto di Stato
Il Comitato interministeriale (Cisd) avrà infatti quindici giorni di tempo per esaminare i divieti proposti dal ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale.

«Decorso inutilmente il termine (…), la proposta del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale si intende accolta», si legge nel decreto.

In quei quindici giorni – è questo il punto – il Cisd può dunque revocare ogni proposta di divieto del Maeci senza che nessuno, nemmeno il Parlamento, ne sappia nulla.

È, in concreto, la nuova formula del segreto di Stato del governo Meloni, che si attua anche attraverso un’ampia serie di modifiche alla legge.

Ciò che si vuole evitare, è il ripetersi di casi come quello – per altro unico nei trent’anni dall’entrata in vigore della legge – in cui Uama e ministero degli Esteri, a seguito di una risoluzione parlamentare votata ad ampia maggioranza, ha imposto il divieto e revocato le licenze di esportazione di bombe e missili all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti per il loro coinvolgimento nella guerra in Yemen (leggi anche Armi italiane all’Arabia Saudita: il blocco non basta, passano per il Regno Unito).


Diminuisce la trasparenza sulle esportazioni di armi
Ma ciò a cui il comparto militare-industriale mirava promuovendo il disegno di legge è soprattutto ridurre la trasparenza e l’informazione sulle proprie attività riguardo alle esportazioni di armamenti. Trasparenza che è stata via via erosa nel corso degli anni, ma che è tuttora in qualche modo garantita dalla relazione che ogni anno la presidenza del Consiglio deve inviare alle Camere entro il 31 marzo.

La relazione deve infatti contenere «indicazioni analitiche – per tipi, quantità e valori monetari – degli oggetti concernenti le operazioni contrattualmente definite indicandone gli stati di avanzamento annuali sulle esportazioni, importazioni e transiti di materiali di armamento e sulle esportazioni di servizi oggetto dei controlli e delle autorizzazioni previste dalla presente legge» (Art. 5).

Indicazioni analitiche che, secondo la relatrice del governo, inficerebbero «la piena fruibilità e intelligibilità della relazione» perché sarebbero «state aggravate nel corso degli anni dalla prassi di allegare ad essa una pletora di documenti di dettaglio che, lungi dal consentire una conoscenza più completa degli elementi in essa contenuti, hanno reso la relazione un mero assemblaggio d’informazioni e non consentono una lettura agevole delle scelte geostrategiche operate dal nostro Paese in materia».

Sono proprio queste informazioni analitiche che nel corso degli anni hanno permesso agli osservatori indipendenti della società civile di monitorare gli affari delle industrie del settore e di denunciare le esportazioni a Paesi belligeranti, a regimi autoritari i cui governi sono accusati di gravi violazioni dei diritti umani...CONTINUA A LEGGERE



Immagini Rete pace disarmo

Allarme di Rete Pace Disarmo: “Primo voto al Senato per ridurre controllo e trasparenza su export di armi, anche eliminando la lista delle banche armate”

Grave passaggio nell’iter in Senato del DDL di modifica della Legge 185/90 sulle esportazioni di armamenti: la Commissione Esteri e Difesa vota emendamenti che indeboliscono controllo e criteri di autorizzazione, rigettando le proposte di miglioramento della società civile e ignorando le norme internazionali. Con questa nuova norma verrebbe notevolmente ridotta la trasparenza della Relazione annuale al Parlamento, eliminando tra l’alto le informazioni sugli incassi finanziari per le vendite all’estero.

Rete Pace Disarmo annuncia una forte mobilitazione per impedire che le vendite di armi tornino ad essere circondate da una pericolosa opacità.

di Rete Italiana Pace e Disarmo | 18 GENNAIO 2024

L’industria delle armi incassa un primo – grave e pericoloso – voto favorevole agli “affari armati” nell’iter del Disegno di legge presentato dal Governo per la modifica della Legge 185/90 sull’export militare predisposte dal Governo (Atto Senato n. 855).

La Commissione Affari Esteri e Difesa del Senato ha infatti approvato nella seduta di martedì 16 gennaio 2024 tre emendamenti che inficiano gravemente la trasparenza della Relazione annuale al Parlamento sulle esportazioni dall’Italia di materiali militari. E che si innestano su un testo che presenta già aspetti problematici, comesottolineato in audizione da Rete Pace Disarmo, perché modifica i meccanismi di rilascio delle autorizzazioni affidando il cuore delle decisioni all’ambito politico senza un adeguato passaggio tecnico che garantisca il rispetto dei criteri della legge italiana e delle norme internazionali sulla materia.

Se le modifiche votate in questa prima fase di dibattito parlamentare sul DDL 855 sopravviveranno ai successivi passaggi dell’iter verranno sottratte al controllo di Parlamento, società civile e opinione pubblica le informazioni precise e dettagliate – oggi presenti nella Relazione annuale ufficiale – sulle esportazioni dei materiali militari autorizzate e svolte dalle aziende. 
“Particolarmente negativo – commenta Giorgio Beretta dell’Osservatorio OPAL – è l’emendamento proposto dalla Relatrice volto ad eliminare ogni informazione riguardo agli Istituti di credito operativi nel settore dell’import/export di armamenti. I correntisti non sapranno più dalla Relazione quali sono le banche, nazionali ed estere, che traggono profitti dal commercio di armi verso l’estero, in particolare verso Paesi autoritari o coinvolti in conflitti armati”.

Con queste grave decisioni prese in seno alla Commissione viene confermato il timore già espresso a più riprese da Rete Pace Disarmo: la modifica della Legge 185/90 promossa da governo e maggioranza ha come principale obiettivo un’applicazione meno rigorosa dei principi e dei criteri della Legge. Ciò che è avvenuto martedì 16 gennaio nella seduta della Commissione è anche altamente criticabile sotto il profilo del metodo: la formulazione definitiva (e in un caso il testo completo) poi approvata dei tre emendamenti è infatti stata presentata all’attenzione dei Senatori solo al momento della seduta. Non dando quindi la possibilità di un dibattito compiuto e privando la società civile delle conoscenza reale di quanto si stava discutendo (essendo i testi finali diversi dalla serie di emendamenti pubblicati in precedenza).

Occorre evidenziare come siano stati bocciati praticamente tutti gli emendamenti proposti dalle minoranze, nonché alcuni importanti emendamenti proposti dalla Relatrice del provvedimento (la Presidente della Commissione Craxi) che andavano nella direzione di un miglioramento di controlli, meccanismi decisionali e trasparenza sull’export di armi. Molti di tali emendamenti riprendevano leproposte e le indicazioni di Rete Pace Disarmoche si è mossa fin dall’inizio con spirito costruttivo sul dibattito relativo al DDL. Spiace constatare che questa apertura al confronto sul merito, basata su dati ed elementi oggettivi,sia stata completamente ignorata e rigettata da parte della maggioranza di Governo.

“Nonostante nostre ripetute e circostanziate richieste non si fa nemmeno riferimento ai criteri Trattato internazionale sul commercio di armi che l’Italia ha ratificato con voto unanime del Parlamento nel 2013. Assenza grave, che la Rete Pace Disarmo andrà sicuramente a contestare impugnando il testo di Legge, se questa formulazione verrà confermata fino alla fine dell’iter” evidenzia Francesco Vignarca coordinatore campagne della Rete Italiana Pace Disarmo.

Per tutti questi motivi risulta evidente come il Governo intenda favorire e concretizzare una richiesta di revisione delle norme in vigore ripetutamente richiesta negli ultimi anni dall’industria militare e da Istituti di ricerca ad essa vicini in un’ottica di facilitazione delle esportazioni di armamenti a favore della competitività dell’industria militare, la cui funzione è stata sempre enfatizzata – erroneamente – come “strategica” per il “rilancio” dell’economia nazionale. Un puro e semplice “regalo” agli interessi armati, in direzione contraria ai principi delle norme nazionali ed internazionali.

E’ importante ricordare come sistemi d’arma italiani sono stati e sono tuttora inviati in decine di situazioni di conflitto, di violazione diritti umani, di presenza di regimi autoritari come invece sarebbe e espressamente vietato dalle norme in vigore. Riducendo ulteriormente l’attenzione nell’applicazione dei criteri di rilascio delle licenze e la capacità di controllo del Parlamento e della società civile tali situazioni problematiche non potranno che peggiorare. Riportando così l’Italia ad uno stato di opacità e debole regolazione della vendita di armi cui era stato posto un freno con l’approvazione dell’innovativa Legge 185 nel 1990. “Come eredi della grande mobilitazione della società civile che aveva portato all’approvazione di questa norma non permetteremo che i profitti di sistemi d’arma che alimentano guerre e militarizzazione vengano considerati più importanti del rispetto dei diritti umani, della vita delle popolazioni e degli sforzi di costruzione della Pace“, è il commento finale di Rete Pace Disarmo a seguito del passaggio in Commissione al Senato...

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Aereo da guerra - Foto: Pixabay

Armi italiane a Israele dopo il 7 ottobre: il governo non è trasparente

L’Autorità Uama presso il ministero degli Esteri nega ad Altreconomia l’accesso civico alle informazioni sull’export effettivo dall’inizio dei bombardamenti su Gaza. Tra le “ragioni” opposte il “nocumento al sistema di difesa nazionale” e la tutela della “confidenzialità” con Tel Aviv. Una tesi che contraddice le uscite del ministro Crosetto

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